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Caso 156

Il sentiero nel giardino

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La maestra Suku e i suoi novizi erano giunti a una città che Suku aveva visitato in gioventù. La giornata era afosa e tutti e quattro i viaggiatori assetati.

“Giovane monaco,” disse Suku a uno dei suoi novizi, “prendici dell’acqua dal pozzo ai piedi di questa collina e ti dirò della mia gioventù in questo posto.” Quando il monaco lo ebbe fatto e tutti e quattro ebbero bevuto, Suku disse:

“In questa città studiai presso un bravo maestro C. La nostra bottega seguiva gli standard di codifica che egli aveva imposto, eppure ho sempre pensato che lasciasse troppo spazio alla nostra creatività. La libertà è come il kama: con esso l’uomo capace può falciare un intero campo in un giorno, ma quello maldestro può tagliarti la testa.

“Col tempo progettai un’elegante collezione di design pattern per il mio utilizzo. Ah, se potessi mostrarvi il codice glorioso che scrivevo! Ogni costante, tipo, funzione e variabile erano nominati a seconda del loro scopo. I parametri erano ordinati dal tipo più complesso a quello meno complesso, e per i campi delle strutture usavo dei prefissi, in modo da facilitare l’uso di macro speciali che avevo inventato. Manutenere il mio codice divenne una vera gioia.

“Rifinii questo sistema finché, con grande gioia, fui pronta a mostrarlo al mio maestro. Lo pregai di aggiungere i miei standard di codifica ai suoi, in modo che la nostra intera bottega ne beneficiasse.

“Il mio maestro dichiarò a tutti che era, senza dubbio, la più completa metodologia di design e implementazione che avesse mai visto, e che se l’intera bottega avesse seguito il mio esempio avremmo senza dubbio prodotto codice di ineguagliabile bellezza, chiarezza ed estensibilità.

“Mi diede il nome Enro e mi ricompensò con l’onore di creare un nuovo sentiero nel nostro giardino della meditazione. Disegnò questo sentiero in modo che rassomigliasse a un enorme serpente sinuoso, con la coda che sfiorava il cancello del giardino e le fauci che si chiudevano attorno a un pozzo in fondo alle terre. Mi ci volle un mese per scavare il letto, livellare il fondo con la sabbia, poggiare le pietre del selciato e fissarle con terra e ghiaia.

“Quando finii, il mio maestro disse che il sentiero, come il mio codice, era di sublime bellezza, e decretò che la sua bottega lo avrebbe tenuto per sempre.”

A questo punto Suku cadde in un lungo silenzio.

Infine uno dei suoi novizi chiese: “Il sentiero è ancora lì?”

“Siamo seduti sulla coda proprio ora” disse Suku. “Vedi, proprio qui c’è il cancello del mio vecchio maestro; la sua casa è subito dietro. E l’acqua che abbiamo bevuto è del pozzo tra le fauci. Fate attenzione a cos’è sul sentiero e cosa no.”

Gli occhi dei novizi seguirono il sentiero serpeggiante che dal pozzo produceva un grande arco intorno al pendio. Le sue pietre erano ricoperte di muschio verde e assalite dalle erbacce. Lì dove il sentiero spariva attraverso il cancello videro una seconda strada di terra nuda, dove l’erba sembrava essere stata calpestata così spesso che aveva smesso di crescere. La strada polverosa andava dritta dal cancello al pozzo, sciupata solo dalle tracce fresche di sandali che andavano su e giù, fino ai piedi del giovane monaco che aveva preso l’acqua.