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Caso 41

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La maestra Java Suku stava controllando il software di un lontano tempio. Sul suo monitor, vaste aree di testo brillavano, non in nero, ma in verde, ad indicare che intere pagine di codice erano state commentate.

“Curioso”, disse Suku. “Ho aperto un orologio di pregio, e ci trovo bucce d’arancio e lische di pesce.”

Il monaco capo spiegò che il codice inattivo non era più necessario, ma che, egli stesso, aveva ordinato al suo clan di lasciarlo al suo posto: magari un giorno, se si fosse desiderato ripristinarne la logica, il codice potrebbe, semplicemente, essere decommentato, piuttosto che dispendiosamente scritto da capo.

“Comprensibile,” annuì Suku.

Il giorno seguente, i monaci si riunirono per l’ispezione del maestro Java. Con preoccupazione riferirono che il monaco capo non si trovava. Suku accennò alle travi in alto, dove il monaco mancante penzolava da una robusta corda, appeso per il collo. Un cattivo odore si diffondeva verso il basso.

“I suoi servigi non sono più necessari”, disse suku. “In ogni modo, da oggi in poi, lascerò che cadavere penzoli sopra di voi. Dopo tutto, un giorno, i suoi metodi potrennero essere nuovamente desiderabili e sarebbe uno spreco addestrare, da capo, un altro monaco.”

Nella sua relazione finale, Suku annotò un rapido cambiamento nelle pratiche di codifica del clan, e si accreditò il buon esempio dato dal defunto monaco. Dovremmo considerare il suo reintegro, scrisse.